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Adriana Asti, l’attrice che non voleva esserlo e ha conquistato il mondo

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Adriana Asti si è spenta il 31 luglio 2025 a 94 anni, lasciando un vuoto immenso nel teatro e nel cinema italiani. Musa dei più grandi registi, spirito libero e mente brillante, ha attraversato più di mezzo secolo d’arte con intensità e grazia. Da Visconti a Pasolini, da Susan Sontag a Bertolucci, Adriana ha segnato la scena con uno stile unico e un carisma indimenticabile. Un’artista che ha fatto dell’ironia e della profondità la sua cifra eterna.

Una carriera iniziata per caso ma diventata destino

Adriana Asti non voleva fare l’attrice. Lo ripeteva spesso, con quella voce limpida e un’ironia lieve che disarmava. «Volevo solo divertirmi e scappare di casa», raccontava, eppure il destino la condusse sul palco, dove trovò un senso, un’identità, una vocazione. Era come il mare per i marinai, diceva: una chiamata impossibile da ignorare. A 83 anni calcava ancora le scene con due testi di Cocteau, senza risparmiarsi, con uno sguardo pieno di vita e una determinazione sorprendente.

Il teatro fu il suo rifugio e il suo regno. In camerino, dopo uno spettacolo, raccontava senza filtri le sue esperienze, le sue fatiche, ma soprattutto il suo amore per l’arte. I suoi occhi, enormi e profondi, catturavano chiunque li incrociasse. Raccontava senza pose, con sincerità ruvida, la sua verità: quella di una donna che non aveva scelto il palcoscenico, ma che sul palcoscenico era diventata eterna.

Musa di registi e intellettuali, da Visconti a Sontag

Nella sua lunga carriera, Adriana Asti ha lavorato con i più grandi nomi del Novecento. Luchino Visconti, Giorgio Strehler, Pier Paolo Pasolini, Franco Zeffirelli, Bernardo Bertolucci: tutti l’hanno voluta nei loro lavori, tutti l’hanno amata per il talento magnetico e l’intelligenza viva. Bertolucci la sposò e le diede il ruolo di zia Gina in Prima della rivoluzione, un’icona assoluta del cinema d’autore italiano.

Ma tra i suoi ammiratori vi fu anche Susan Sontag, che la scelse per il suo esordio alla regia Duet for Cannibals. Il film, complesso e visionario, le affidava il ruolo di Francesca, in un intreccio psicologico che giocava su potere, identità e desiderio. La Asti dominava lo schermo con la sua presenza enigmatica e un’eleganza interiore che attraversava lo sguardo. Non era solo recitazione: era presenza, pensiero, profondità.

Il documentario e il ritratto di una donna fuori dal tempo

Nel 2015, la Festa del Cinema di Roma ha celebrato la sua arte con A.A. Professione Attrice, un documentario diretto da Rocco Talucci. Il film non era solo un omaggio, ma una vera immersione nell’universo creativo e personale di Adriana Asti. Attraverso immagini d’archivio, frammenti teatrali e testimonianze di amici e colleghi, il documentario restituisce il ritratto di una donna che ha attraversato il secolo con passo leggero e mente acuta.

Tra gli intervistati, nomi come Franca Valeri, Willem Dafoe, Corrado Augias e Alessio Boni raccontano la sua unicità. Talucci mostra anche l’altra faccia di Adriana: quella di scrittrice e pittrice, di creatrice ironica e surreale. I suoi quadri, popolati da animali travestiti da esseri umani, riflettono un mondo interiore fatto di humour sottile e poesia visiva. Una sensibilità che non cercava di piacere, ma di esprimere.

L’Italia dentro, anche da lontano

Negli ultimi anni Adriana viveva a Parigi, ma l’Italia le rimaneva nel cuore. «Abbiamo tanta cultura infilata nei nostri corpi», diceva, «ed è un privilegio essere italiani». Nostalgica ma lucida, osservava con distacco e affetto l’evoluzione del nostro Paese, riconoscendo che il cambiamento fa parte della vita. Nei suoi racconti traspariva sempre un attaccamento viscerale all’arte e alla bellezza che aveva respirato sin da giovane.

Prima di congedarsi da un’intervista, le fu chiesto come si facesse a interpretare un’altra persona. La risposta, semplice e definitiva, racchiudeva il segreto del suo mestiere e forse della sua anima: «Dentro di sé si trova tutto. Chiunque, dentro se stesso, può trovare tutto». È con questa frase che si può ricordare Adriana Asti: un’interprete che non cercava fuori, ma scavava dentro. E da lì, creava meraviglia.

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