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Alfred Hitchcock e le sue muse bionde, tra eleganza e ossessione

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Alfred Hitchcock, maestro indiscusso del thriller, ha costruito gran parte della sua carriera attorno a figure femminili che incarnavano un ideale preciso: la bionda eterea, sofisticata e insieme enigmatica. Nel giorno dell’anniversario della sua nascita, la sua filmografia resta un monumento al cinema e al fascino ambiguo delle sue muse. Da Grace Kelly a Ingrid Bergman, passando per Kim Novak e Tippi Hedren, il regista ha saputo intrecciare desiderio e mistero, creando personaggi indimenticabili e un immaginario estetico senza tempo.

L’origine di un’ossessione cinematografica

Fin dall’inizio della sua carriera, Hitchcock ha dimostrato un’attenzione particolare per le attrici bionde, ritenendole più sorprendenti e inquietanti quando si rivelavano capaci di azioni inattese. Questa scelta non era solo un capriccio estetico, ma parte integrante della sua poetica, funzionale a creare un contrasto tra l’apparenza angelica e l’abisso di tensione nascosto dietro ogni trama. L’uso di abiti sartoriali eleganti, spesso sobri e lineari, completava un’immagine precisa che lo spettatore avrebbe imparato a riconoscere.

In foto Alfred Hitchcock

Il regista stesso dichiarava che una donna bionda poteva scioccare di più con un gesto ingannevole rispetto a una dai capelli scuri. Da qui nasce la costruzione di figure femminili che non erano mai semplici comprimarie, ma catalizzatrici di eventi drammatici e spesso inesorabili. Hitchcock trasferiva sullo schermo le sue ossessioni personali, rendendo le sue muse specchi di un immaginario complesso, a metà strada tra il desiderio e la paura.

Le prime protagoniste e l’eleganza di Joan Fontaine ed Eva Marie Saint

Joan Fontaine fu la prima grande musa del regista, scelta per Rebecca – La Prima Moglie e poi per Il sospetto, ruoli che la consacrarono al successo internazionale. La sua eleganza vulnerabile si adattava perfettamente alla visione hitchcockiana della donna sospesa tra fragilità e mistero, qualità che le valse un Oscar. Poco dopo, Eva Marie Saint incantò in Intrigo Internazionale, dove al fianco di Cary Grant incarnò una sofisticata combinazione di seduzione e aristocratica freddezza.

Eva Marie Saint in Intrigo Internazionale

Entrambe le attrici rappresentarono due volti differenti della stessa idea: donne raffinate e complesse, destinate a guidare l’azione quanto i protagonisti maschili. Hitchcock era talmente attento all’immagine delle sue muse che si occupava personalmente dei loro abiti, accompagnandole perfino a fare shopping prima delle riprese. Questa dedizione al dettaglio visivo contribuì a consolidare l’estetica raffinata dei suoi film e a trasformare le sue protagoniste in icone culturali.

Ingrid Bergman e Grace Kelly, il ghiaccio bollente

Con Ingrid Bergman, Hitchcock instaurò un rapporto creativo e umano di profonda complicità. Insieme realizzarono capolavori come Io ti salverò, Il peccato di Lady Considine e Notorious, opere che univano tensione psicologica e romanticismo. La loro collaborazione fu intensa e quasi esclusiva fino alla decisione dell’attrice di trasferirsi in Italia, scelta che il regista visse come un tradimento. Rimane celebre il bacio con Gregory Peck in Notorious, considerato tra i più lunghi della storia del cinema.

Joan Fontaine ne Il Sospetto

Grace Kelly, invece, divenne il simbolo definitivo dell’ideale hitchcockiano. La definizione di “ghiaccio bollente”, coniata dal regista, esprime perfettamente la sua personalità scenica. In film come Il delitto perfetto, La finestra sul cortile e Caccia al ladro, Grace incarnò la fusione di eleganza glaciale e passione nascosta. Proprio durante le riprese nel Principato di Monaco, l’attrice incontrò il Principe Ranieri, cambiando per sempre il corso della sua vita e sigillando il mito di una principessa del cinema e della realtà.

Kim Novak, Janet Leigh e Tippi Hedren, tra fascino e tormento

Gli anni successivi videro emergere nuove muse, spesso legate a interpretazioni estreme e a set difficili. Kim Novak fu indimenticabile in Vertigo – La donna che visse due volte, dove la sua malinconia diede vita a un personaggio tormentato, costretta a ripetere più volte la scena del suicidio nelle acque gelide. La sua fragilità si sposava perfettamente con il tono ossessivo e psicologico del film.

Ingrid Bergman e Alfred Hitchcok

Janet Leigh divenne immortale grazie alla celebre scena della doccia in Psyco, sequenza destinata a rimanere una delle più iconiche della storia del cinema. Pochi anni dopo, Tippi Hedren interpretò la protagonista de Gli uccelli, affrontando condizioni estenuanti sul set, tra cui l’uso di animali veri nelle scene più drammatiche. In ognuno di questi casi, Hitchcock spinse le sue muse al limite, creando interpretazioni memorabili ma anche lasciando tracce di rapporti complessi, specchio di un’arte che confondeva costantemente finzione e realtà.

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