Con Bugonia, Yorgos Lanthimos torna dietro la macchina da presa affidando a Emma Stone un ruolo destinato a sorprendere: quello di una CEO glaciale e ambigua, forse umana, forse aliena. L’uscita nelle sale italiane il 13 novembre segna un nuovo capitolo nella collaborazione tra il regista greco e l’attrice premio Oscar, già protagonisti di successi internazionali. Tra suggestioni mitologiche, satira sociale e un’estetica disturbante, il film si annuncia come uno dei progetti più audaci e attesi del 2025.
La metamorfosi di Emma Stone
Emma Stone, già musa dichiarata di Lanthimos, si reinventa in Bugonia nei panni di Michelle Fuller, leader carismatica e inquietante di una multinazionale farmaceutica. Il trailer ha già messo in luce un personaggio sospeso tra eleganza e minaccia, vestito di completi sartoriali e accessori firmati, che conferiscono all’attrice una dimensione algida e potente. Il confine tra fascino e paura si fa labile, restituendo una figura che attrae e intimorisce al tempo stesso, un simbolo del potere che si cela dietro la maschera della perfezione.
La scelta di Stone conferma la capacità dell’attrice di reinventarsi costantemente. Dopo Povere Creature! e Kinds of Kindness, la sua carriera si arricchisce di un’interpretazione che mescola glamour e paranoia. L’attrice non si limita a incarnare un ruolo, ma lo trasforma in un’icona visiva e narrativa. In questo senso, Bugonia diventa non solo un film di fantascienza, ma anche un laboratorio estetico in cui il cinema incontra la moda e la psicanalisi, restituendo una Stone più magnetica e perturbante che mai.
Il mito dietro il titolo
Il titolo Bugonia affonda le sue radici nella mitologia greca: la leggenda racconta di api nate dal corpo di un toro sacrificato, un simbolo della vita che germoglia dal caos e dalla morte. Lanthimos riprende questa suggestione per costruire un racconto che si muove tra metafora e inquietudine, trasformando il mito in una lente attraverso cui leggere le paure contemporanee. La resurrezione del nuovo dal decadimento del vecchio diventa così la chiave per interpretare un mondo sull’orlo della dissoluzione.
Il film non si limita alla suggestione mitica, ma trova un punto di partenza concreto nel sudcoreano Save the Green Planet!. Lanthimos rielabora quella base in un linguaggio tutto suo, fatto di ironia crudele e visioni disturbanti. Due complottisti, interpretati da Jesse Plemons e Aidan Delbise, rapiscono la CEO convinti che sia un’aliena infiltrata. La trama oscilla tra farsa e tragedia, creando un terreno fertile per riflettere su paranoia collettiva e fragilità individuale. Bugonia diventa così un racconto che nasce da un mito antico per restituire un incubo modernissimo.
Estetica tra reale e delirio
Lanthimos ha scelto di girare Bugonia in pellicola 35 mm, adottando un formato 4:3 che restituisce immagini volutamente imperfette, granose, quasi sporche. Una scelta che si discosta dalla patina digitale contemporanea e che contribuisce a creare un’atmosfera disturbante, sospesa tra reale e surreale. Le location spaziano tra Londra e le scogliere di Milos, generando contrasti che amplificano il senso di alienazione. Ogni inquadratura diventa un frammento di un incubo condiviso, dove la paranoia non è mai soltanto individuale.
Il direttore della fotografia Robbie Ryan, già collaboratore di Lanthimos in The Favourite, accentua queste scelte estetiche con luci taglienti e colori lividi. Il risultato è un film che non cerca la bellezza convenzionale, ma una tensione visiva costante, in grado di riflettere l’instabilità mentale dei personaggi. La colonna sonora, segnata dall’irriverenza dei Green Day con Basket Case, aggiunge un tono spiazzante e ironico, rendendo Bugonia un’opera che unisce linguaggi diversi per raccontare il disordine del nostro presente.
Cast e nuove sfumature narrative
Accanto a Emma Stone, Jesse Plemons offre un’interpretazione intensa nei panni di Teddy Gatz, uno dei complottisti convinti della natura aliena della protagonista. L’attore conferma il suo talento nell’incarnare personaggi fragili e ossessionati, mentre la presenza di Alicia Silverstone, nel ruolo di una giornalista manipolatrice, arricchisce ulteriormente il mosaico di ambiguità. Ogni personaggio sembra oscillare tra vittima e carnefice, in perfetta coerenza con lo stile di Lanthimos, dove nulla è mai lineare e ogni gesto cela un doppio significato.
Il film si configura così come un’opera corale, pur mantenendo Emma Stone al centro della scena come catalizzatrice di tensioni e simbolo di un potere enigmatico. Bugonia non si limita a raccontare un rapimento o una paranoia complottista: diventa una riflessione sulle dinamiche del controllo, sul ruolo della comunicazione e sulla sottile linea che separa la realtà dalla follia. Con un cast stellare e una regia visionaria, il film si annuncia come uno degli appuntamenti cinematografici più audaci dell’anno.