Il frontman dei Baustelle celebra venticinque anni di carriera tra musica, letteratura e moda. In un tour che unisce cultura e suono, Bianconi si racconta tra ricordi, passioni e nuovi progetti, con uno sguardo lucido sull’amore e il senso dell’arte. Tra collaborazioni d’autore, un nuovo romanzo in cantiere e la voglia di “lasciar andare”, l’artista ci invita nel suo mondo sfaccettato e profondamente coerente.
Una carriera costruita su eros, musica e pensiero
Francesco Bianconi non è mai stato solo il leader di una band: è un autore che ha costruito l’intera carriera su un’idea estetica precisa, dove poesia e morte, passione e disillusione si intrecciano. Lo dimostra sin dal titolo del nuovo singolo L’arte di lasciar andare, un invito a confrontarsi con il concetto di fine, e a trovare nell’arte un senso eterno che supera la transitorietà della vita umana. Per lui, questa “accettazione della finitudine” è una delle forme più pure di consapevolezza creativa.
Eppure, la sua profondità non si traduce mai in pesantezza. Anche le conversazioni più leggere con Bianconi si trasformano in traiettorie di pensiero che spaziano da Baudelaire a Salgari, passando per l’estetica delle copertine e la filosofia della performance. Per lanciare il nuovo tour, ha pensato a un vero e proprio festival a Firenze: due giorni di musica, cultura e condivisione emotiva. E mentre il tour attraversa l’Italia, l’impressione è che ogni tappa sia un piccolo manifesto del suo mondo poetico e sempre coerente.
Musica, parole e una fedeltà stilistica granitica
Il percorso artistico di Bianconi è sorprendentemente ricco: dieci album con i Baustelle, due da solista, quattro romanzi (e un quinto in lavorazione), colonne sonore, ruoli cinematografici e collaborazioni con nomi iconici della musica italiana. Scrivere per altri, dice, richiede empatia e scomparsa dell’ego, come nel caso del singolo scritto per Patty Pravo. “Devi entrare nell’anima di chi canterà quelle parole, senza doverlo necessariamente conoscere. È un esercizio di immedesimazione profonda”, spiega.
A differenza dell’eclettismo altrui, però, Bianconi ha scelto di restare sempre fedele a una visione coerente, anche nello stile. Per lui, la moda non è un accessorio ma parte integrante dell’identità artistica. “Chi si veste a caso, o ascolta un po’ di tutto, mi lascia perplesso. La coerenza è tutto”, afferma. La sua passione per i mercatini vintage lo porta in ogni angolo del mondo, come quella T-shirt californiana al limone che indossa con disinvoltura, abbinata a jeans a zampa e stivali texani. Ogni outfit racconta una storia, e ogni dettaglio ha il peso simbolico di un verso ben scritto.
Estetica anni ‘70 e collaborazioni iconiche
Il suo stile rétro, che richiama i Seventies senza scimmiottarli, ha colpito anche l’occhio attento di Alessandro Michele. È stato proprio l’ex direttore creativo di Gucci a volerlo nella sfilata Cruise 2018 e nella campagna SS17, affidandogli anche una cover intensa di Eyes Without a Face. Ma Bianconi, fedele alla sua natura riflessiva, non cerca visibilità fine a sé stessa. “Poserei ancora, ma solo per un designer con cui condivido una visione, come Hedi Slimane”, racconta, accarezzando un foulard leopardato della sua epoca Saint Laurent.
L’obiettivo fotografico lo ama: davanti alla macchina di Carmine Romano per Vogue Italia, Bianconi sembra nato per stare in posa. I vestiti di campionario calzano su di lui come su un modello professionista, ma senza forzature. Il suo vero fascino nasce da una naturalezza autentica e da un’intelligenza visiva che sa dialogare con la moda. Dietro quella figura da rockstar, però, c’è una mente metodica: “Il mio processo creativo è disciplinato. Produco al mattino, come un impiegato. La musica prima, le parole dopo, trattate come enigmi da risolvere”, confessa.
Amore, paternità e sogni ancora vivi
A distanza di vent’anni da Sussidiario illustrato della giovinezza, Bianconi ha scoperto un lato più viscerale e vulnerabile, che ha trovato spazio nel progetto solista Forever. “Era il risultato di una fase di introspezione, un disco scritto senza filtri. Non escludo di tornare a quel tipo di narrazione più personale, anche in parallelo con i Baustelle”, ammette. La sua produzione oggi vive di dualismi: rock e intimità, palco e pagina, moda e silenzio.
La nascita di sua figlia Anna, nel 2013, ha segnato un’altra svolta. “Ti cambia la prospettiva: il tuo ego non è più al centro, e questo fa bene, soprattutto in un lavoro come il mio”, dice con affetto. Parla di lei come una ragazza “con i piedi per terra, sensibile e intelligente”. E dell’amore, oggi, cosa pensa? “Da giovane facevo il cinico, ma ora l’amore ha un peso vero. Jarvis Cocker ha ragione: senza amore, è solo vuoto”. E nel frattempo, continua a sognare: scrivere un film da regista, cucinare per Celentano, e magari, un giorno, scrivere proprio per lui una canzone.