Per la primavera estate 2026, Martine Rose non mette in scena una semplice sfilata: costruisce un manifesto. Trasformando un vecchio Job Centre londinese in un tempio della moda, la stilista britannica rende omaggio a coloro che spesso restano ai margini: gli invisibili, i dimenticati, ma anche i veri custodi dell’anima urbana. In 38 look vibranti e fuori calendario, Rose evoca un’estetica potente, fatta di desiderio sommesso, eleganza destrutturata e nostalgia cinematografica. Un inno a una Londra reale, vissuta, seducente proprio perché imperfetta.
Il fascino dell’invisibile: il concept dietro la collezione
«Nell’epoca dell’ovvio, bramiamo ciò che sfugge allo sguardo»: con questa dichiarazione Martine Rose definisce il cuore della sua visione. La collezione SS26 nasce da un impulso controcorrente: raccontare il non detto, il nascosto, ciò che normalmente non calca le passerelle. La scelta della location — un ex centro per l’impiego a Marylebone — è già una dichiarazione politica ed estetica. Qui, i look sfilano tra moquette consunte e pareti istituzionali, tra realtà e messa in scena, in un’atmosfera sospesa e surreale.
I protagonisti sono corpi reali e abiti che non cercano di piacere a tutti, ma di raccontare storie. Shapewear color carne, jeans effetto vacuum-pack, t-shirt intrecciate a giacche a vento: ogni pezzo è un frammento di vissuto urbano. L’erotismo non è mai gridato, ma insinuato, quasi filtrato dalla lente polverosa di un vecchio film a luci rosse. La collezione diventa così un viaggio intimo tra desiderio, anonimato e dignità. Un invito a guardare là dove di solito si distoglie lo sguardo.
Estetica working-class e sensualità post-industriale
La sfilata SS26 si muove su un doppio binario: quello dell’eredità street-style londinese e quello del tailoring decostruito. Martine Rose non rinuncia a un’ossessione per la sartorialità, ma la reinventa con tagli irregolari, volumi sorprendenti e materiali inaspettati. Il risultato è una moda che mantiene la sua raffinatezza anche quando scardina le regole, anzi, proprio in questo gesto trova la sua forza. Blazer scolpiti si fondono con top sportivi, mentre pantaloni dalla vita altissima si alternano a shorts scolpiti come lingerie urbana.
Grande attenzione anche agli accessori: driving shoes ibridate con kitten heels, cinture multiple, borse a tracolla appese come strumenti di lavoro. Ogni dettaglio amplifica il senso di ambiguità: maschile e femminile, sportivo e sensuale, reale e teatrale. Il vocabolario estetico di Martine Rose diventa così una forma di resistenza silenziosa, una lingua parlata dagli “invisibili” dei sobborghi britannici. Più che una sfilata, una dichiarazione d’identità collettiva.
Dramma urbano e nuove forme di desiderio
Martine Rose non cerca l’attenzione, ma la crea. Il modo in cui costruisce il desiderio è sottile, quasi enigmatico. L’eros non è dato dai corpi scoperti, ma dalle tensioni tra i materiali, dalle trasparenze casuali, dai movimenti impacciati degli abiti che sembrano nati per contenere emozioni, non solo silhouette. La sfilata SS26 è una riflessione sulle nuove forme di bellezza e attrazione, che non passano per la perfezione ma per l’autenticità.
Molti dei look sembrano citazioni dirette alla Londra anni ‘90 e ai primi anni 2000: una città affaticata ma viva, ruvida ma vera. Non c’è nostalgia, però, bensì un presente che si riappropria dei suoi codici e li rielabora. Tra shapewear che diventa outerwear e trench ricavati da giacche sportive, Martine Rose offre una narrazione stilistica che parte dal basso ma punta in alto. Una collezione che non seduce tutti, ma parla a chi sa ascoltare.
Con la collezione primavera estate 2026, Martine Rose si conferma voce unica nella moda contemporanea: controcorrente, lucida, profondamente umana. In un mondo in cui la moda sembra rincorrere lo sfarzo, Rose sceglie la discrezione, la complessità, la verità. Il Job Centre si trasforma così in passerella e altare, dove si celebra il quotidiano come forma d’arte. Londra non è solo sfondo, ma co-protagonista. E in questa narrazione stilistica, ogni invisibile diventa visibile, ogni dettaglio acquista dignità.