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Paris Fashion Week uomo 2026, un caleidoscopio di visioni in marcia

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Sotto il sole denso di giugno, Parigi torna capitale assoluta dello stile maschile. Tra boulevard trasformati in passerelle e sfilate che intrecciano memoria e avanguardia, la moda uomo primavera/estate 2026 si fa linguaggio vivo, tra tailor d’autore e rivoluzioni poetiche.

Un debutto tra rivoluzione e poesia

Parigi inaugura la settimana della moda maschile con una dichiarazione d’intenti chiara: il futuro si scrive nei dettagli, ma nasce dal coraggio di riscrivere i codici. È l’IFM Bachelor of Arts a dare il via il 24 giugno, con la sua energia giovane e visionaria. Gli studenti vestono le idee come manifesti, sfidando la forma per trasformarla in racconto. I tessuti diventano pagine da interpretare, le silhouette gesti d’autore. Poi Études Studio, Auralee e Saint Laurent si alternano come voci diverse di un’orchestra: dal rigore grafico al lusso sussurrato, la giornata si carica di tensione estetica.

Louis Vuitton chiude la giornata come una cattedrale postmoderna, al Centre Pompidou: Pharrell Williams firma una collezione che mescola spiritualità e stile, India e Savile Row, glamour metropolitano e maestria artigianale. In prima fila, Jeremy Allen White incarna il nuovo flâneur Vuitton, tra vibrazioni boho e sartorialità monumentale. È solo l’inizio, ma già Parigi si conferma teatro di un’estetica plurale, dove ogni sfilata è un’architettura dell’identità.

Il giorno dopo, tra minimalismo e dissenso creativo

Il 25 giugno la marcia stilistica riprende tra meditazione e provocazione. Lemaire sussurra un’estetica rarefatta, fatta di tagli morbidi e nuance contemplative, mentre 3.Paradis urla slogan intessuti tra le cuciture, come stracci d’anima ribelle. Walter Van Beirendonck rompe ogni logica con un freak show contemporaneo, dove il corpo diventa teatro di metamorfosi colorate e infantili. L’eccentricità incontra la couture, la performance si fa abito.

La sera è affidata ad AMI e Wales Bonner, che incarnano due polarità complementari: la sensualità urbana del primo, fatta di tramonti parigini e romanticismo strutturato; la fusione diasporica della seconda, tra reggae, tailoring british e poesia nera. Parigi vibra di contrasti: ogni passerella è uno spostamento semantico, una riscrittura di cosa significhi essere uomo oggi. Non ci sono più certezze, solo possibilità. E la moda, ancora una volta, le accoglie tutte.

Il crescendo tra poesia tessile e visioni distopiche

Giovedì si apre con la leggerezza scolpita di Issey Miyake: ogni piega è un haiku, ogni taglio un esercizio zen. Poi Dries Van Noten e Amiri esplorano i confini della mascolinità in chiave decostruttiva e cosmopolita. Ma è con Yohji Yamamoto e Rick Owens che la passerella si fa rito: il primo abita il buio con silhouette che sembrano ombre vive, il secondo plasma un’estetica apocalittica tra drappeggi, pelle e luce nera. C’è qualcosa di sacro in questi momenti: la moda si fa linguaggio assoluto, che sfida il tempo e lo spazio.

Il venerdì è puro fuoco scenico. Dior Homme sfila con Jonathan Anderson al timone: una svolta attesa che promette eleganza futurista e giochi sartoriali sorprendenti. Kenzo risponde con l’energia iconoclasta di Nigo, tra streetwear couture e rimandi pop nippo-francesi. La moda si fa vibrazione, rimbalza tra culture, rinasce tra le mani di designer che pensano con il cuore e tagliano con la mente. Il ritmo accelera, la narrazione si fa febbrile. E Parigi brucia d’idee.

Un weekend che danza tra luce, scena e desiderio

Sabato e domenica sono la consacrazione del caos elegante. Kiko Kostadinov lavora sulla precisione concettuale con silhouette tese e raffinate, Hermès scolpisce l’uomo come un cavaliere moderno, tra pelle e respiro equestre. KidSuper porta l’arte in passerella, trasformando ogni look in un quadro urbano, mentre Jacquemus — che chiude la settimana — si concede al Sud, al vento, alla gioia di vivere. È uno show che, come sempre, è dichiarazione d’amore: per la luce, per la moda, per la Francia.

L’ultima parola spetta a Doublet, Craig Green e Jacquemus, che domenica incrociano ironia, struttura e leggerezza. La settimana si chiude come una sinfonia: nessuna nota fuori posto, ma ognuna vibrante. Paris Fashion Week Uomo 2026 è stata molto più di un calendario di sfilate — è stata una mappa emotiva, una raccolta di sogni tessuti. Ed è lì, tra una piega e una camminata, che si è intravisto il futuro.

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