Dal 28 giugno al 4 gennaio 2026, il Palais Galliera di Parigi dedica a Rick Owens una retrospettiva di dimensioni e ambizione inedite. L’esposizione attraversa oltre tre decenni di carriera, dal debutto a Los Angeles alla consacrazione parigina, mettendo in scena più di 100 look, installazioni, opere d’arte e pezzi iconici che hanno definito il suo linguaggio sovversivo. Un percorso che unisce cultura underground, glamour d’epoca, sperimentazione tecnica e un messaggio di inclusività, trasformando il museo in un “tempio dell’amore” aperto a tutti.
Le origini californiane e l’approdo a Parigi
Rick Owens, nato in California nel 1961 e con radici messicane, ha fondato il proprio marchio a Los Angeles nel 1992, fondendo influenze dell’underground con il fascino della couture anni ’30. Le sue prime creazioni univano materiali militari, pelle invecchiata e silhouette scolpite in tonalità cupe. Trasferitosi a Parigi nel 2003, ha seguito un percorso indipendente, distante dalle logiche commerciali tradizionali, alimentato dal rigore di maestri come Miyake e Kawakubo. Questa mostra esplora come la città natale e quella d’adozione abbiano plasmato il suo immaginario.
L’allestimento parte proprio dal periodo di Los Angeles, ricostruito grazie al lavoro con la partner creativa Michèle Lamy, figura chiave nella vita e nell’arte di Owens. Documenti rari, abiti recuperati e testimonianze riportano alla luce una fase tanto sperimentale quanto fondativa. La seconda parte del percorso si concentra sull’era parigina, dove lo stilista ha consolidato il proprio linguaggio e la propria reputazione internazionale.
I pezzi iconici della retrospettiva
Tra le oltre 100 creazioni selezionate, spiccano le sacche da viaggio militari trasformate in coperte, con timbri e segni originali, un esempio precoce di upcycling. È in questa fase che Owens scopre il colore “Dust”, un grigio particolare nato dal tentativo fallito di tingere di nero i tessuti militari. In mostra anche la celebre statua in cera a grandezza naturale, creata per Pitti Uomo 2006, che lo ritrae in un gesto provocatorio, oltre a look provenienti da sfilate epocali come “Cyclops” e “Vicious”.
Non mancano pezzi frutto della collaborazione con il marchio di pellicceria Revillon e opere di interior design che riflettono la sua estetica radicale. Panchine in cemento, ispirate a skate park e architetture brutaliste, saranno collocate nel giardino del museo, accessibili liberamente al pubblico, fondendo arte, moda e spazio urbano in un’esperienza sensoriale unica.
Collaborazioni e influenze artistiche
Il percorso espositivo rivela il legame di Owens con altre discipline artistiche. Saranno esposti quattro dipinti di Gustave Moreau, un’opera di Steven Parrino, oggetti di Joseph Beuys e un abito di Mariano Fortuny. Queste scelte evidenziano come le sue collezioni siano impregnate di riferimenti che spaziano dal Simbolismo al Brutalismo, passando per l’Orientalismo decadente.
Michèle Lamy non è soltanto una musa, ma anche un ponte verso le radici francesi e un elemento fondamentale nel trasferimento a Parigi. La curatela mette in risalto il ruolo della loro partnership, mostrando come la sinergia creativa tra i due abbia contribuito a definire uno stile che unisce ribellione e coerenza formale.
Temple of Love: un messaggio inclusivo
Il titolo “Temple of Love” riflette la volontà di trasformare il Palais Galliera in uno spazio aperto, ispirato ai palazzi genovesi e pensato come simbolo di accoglienza in un periodo storico complesso. Owens, pur noto per le sue provocazioni, trasmette un intento profondamente positivo, volto a celebrare le differenze e a creare legami attraverso la moda.
Per la prima volta nella storia del museo, le tende delle finestre saranno aperte, permettendo alla luce naturale di entrare e alla mostra di dialogare con la città. Un gesto simbolico che rafforza il messaggio di trasparenza e apertura, confermando questa retrospettiva come una vera e propria opera d’arte totale.