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Visible Voices vuole cambiare il modo in cui vediamo la disabilità

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Un incontro tra due menti creative, una conversazione sincera e il desiderio condiviso di infrangere i vecchi cliché: così nasce Visible Voices, la nuova piattaforma che ridefinisce l’estetica della disabilità. Tra moda, arte e rappresentazione, è il primo spazio digitale che dà voce, visibilità e orgoglio a chi per troppo tempo è rimasto ai margini.

Un’idea nata da uno sguardo, una parola, una necessità

La scintilla è scoccata in un bar di West London, tra due estranei che si riconoscevano senza bisogno di spiegazioni. Bérénice Magistretti stava affrontando una fase difficile: il passaggio da una disabilità invisibile a una visibile, mentre Reuben Selby lottava con la sua neurodiversità, nascosta agli occhi del mondo. Quella conversazione ha acceso una consapevolezza: perché la disabilità continua a essere trattata con imbarazzo? Perché la narrazione dominante è ancora quella della sofferenza o del superamento eroico? Da quel momento, i due hanno intuito che c’era bisogno di una nuova grammatica visiva e culturale per parlare di corpi e menti che non rientrano nei canoni tradizionali.

Da quell’incontro è nata prima l’idea di una capsule collection, poi qualcosa di molto più grande. Visible Voices è il risultato di quella evoluzione. Una piattaforma che mette al centro le persone disabili non come soggetti da compatire, ma come individui creativi, desiderosi di essere visti per la loro identità, non per le loro mancanze. “Vogliamo sostituire l’invisibilità con l’orgoglio”, afferma Selby. E Magistretti aggiunge: “Perché non possiamo abbinare una borsa Chanel a un bastone? L’eleganza non è incompatibile con la disabilità, lo è solo lo sguardo di chi non è pronto a vederla.”

Dare voce, spazio e stile a chi è stato ignorato

In un Paese dove una persona su quattro convive con una forma di disabilità, Visible Voices si rivolge a un pubblico vasto, reale e quasi del tutto assente nei media mainstream. Non è solo una piattaforma, ma un ecosistema che include una rivista digitale, uno shop curatissimo, una galleria d’arte e un approccio rivoluzionario all’accessibilità. Il magazine propone storie potenti e raffinate: interviste con creativi disabili, reportage su artigiani che intrecciano braille nei tessuti, riflessioni sull’estetica dell’inclusione. “Partiamo dalla disabilità ma raccontiamo storie universali”, afferma Magistretti. “Di resilienza, bellezza, desiderio”.

Anche la sezione e-commerce riflette questo spirito: bastoni che sembrano sculture, apparecchi acustici preziosi come gioielli, capi di moda adattivi e cosmetici inclusivi. Ma è la galleria a completare la visione: opere di artisti disabili o che rappresentano la disabilità con occhi nuovi. Visible Voices non è un portale assistenzialista, ma uno spazio d’avanguardia che fonde estetica, rappresentazione e cambiamento sociale. In un’epoca in cui l’immagine è tutto, restituire uno sguardo nuovo alla disabilità significa riscrivere la cultura visiva di un’intera generazione.

Un’estetica dell’accessibilità, senza compromessi

La bellezza, su Visible Voices, non è solo un ideale: è uno strumento di giustizia. Il sito è stato progettato con attenzione quasi maniacale all’accessibilità, integrando funzioni spesso trascurate dal web contemporaneo. Interfaccia semplificata, caratteri leggibili, palette ad alto contrasto, modalità chiara e scura, funzioni text-to-audio. Il design non è un ripiego, ma parte integrante dell’esperienza. “L’accessibilità non deve essere un’aggiunta, ma una base”, sottolinea Magistretti. Ed è proprio questo approccio che distingue la piattaforma: empatia come principio estetico.

Selby, che vive lo spettro autistico, racconta quanto i siti tradizionali siano sovraccarichi e faticosi per chi ha bisogno di ordine visivo e chiarezza. “Oggi il web è costruito per stimolare, non per accogliere. Ma il vero lusso digitale è la calma.” Con il supporto creativo dell’agenzia Droga5, Visible Voices dimostra che l’inclusione non toglie bellezza: la eleva. Ogni scelta visiva è pensata per essere elegante ma funzionale, armonica ma responsiva. È la prova che l’innovazione più vera è quella che nasce dal bisogno reale e si traduce in linguaggio estetico.

Una rivoluzione culturale che parte da chi è stato messo da parte

Visible Voices non vuole solo essere un luogo: vuole essere un segnale. Il segnale che la disabilità non è più un tabù, una parentesi, una storia secondaria. È centrale, è potente, è piena di futuro. Magistretti e Selby parlano con la stessa determinazione con cui hanno costruito la piattaforma: “Vogliamo creare una Vogue per la comunità disabile, con lo spirito di Net-a-Porter e l’anima di una galleria d’arte”. È una visione ambiziosa, ma oggi più che mai necessaria. Perché ogni immagine che scegliamo di mostrare – o non mostrare – contribuisce a definire chi conta e chi no.

La rivoluzione più urgente, forse, è proprio quella visiva. Non si tratta solo di rappresentare la disabilità, ma di farlo con cura, con stile, con profondità. Visible Voices non chiede inclusione come concessione: la impone come norma. E in questo, sta già cambiando le regole. Sta dicendo: esistiamo, brilliamo, siamo parte del panorama culturale. E lo facciamo con grazia, talento e un bastone abbinato perfettamente alla borsa.

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